02 Sep L’Ideale dell’Io

L’ideale dell’io, è una istanza che ha la funzione di conservare un senso di identità attraverso ideali o modelli trasmessi durante la prima infanzia e reiterati attraverso gli anni della adolescenza.

Secondo la Somatopsicodinamica ogni cosa ha una sua sede nel corpo.

Gli ideali dell’io trovano la loro sede nel collo. Un collo rigido, bloccato, teso indica un tentativo di strutturazione dell’io basato su ideali.

Un esempio di ideale dell’io è l’ identificazione con aspetti simbolici generalmente genitoriali.

Questo non ha nulla a che vedere con l’imitazione di un modello offerto dal genitore. E’ molto chiaro che l’imitazione di un buon esempio, è un fattore di crescita positivo.

Ma lo è solo se, parallelamente alla spinta genitoriale e sociale, la persona sia alla ricerca del proprio sentire in autonomia e sviluppi fiducia nel proprio sentire.

Spesso questa possibilità non viene incentivata, e l’esempio di un padre o di una madre può offrire un modello che non sarà mai processato dalla propria capacità di vedere.

Nasce così uno pseudo-io, che alimenta la maschera sociale, e che blocca nella persona la capacità di percepirsi per quello che sente e di contattare reali intuizioni su di sé e sulla realtà che la circonda. Spesso tale pseudo io viene conservato strenuamente, anche a costo della vita, perchè garantisce all’individuo un senso di coesione ed identità che altrimenti andrebbe a pezzi.

Noi diciamo che nel collo sussiste l’istinto di conservazione e sopravvivenza. E’ sicuramente nella memoria profonda delle persone la sensazione di soffocamento legata alla nascita.

Per fare ancora un altro esempio, pensiamo alla frase “allungare il collo”. Allungare il collo verso mete e ambizioni sociali, verso sempre più potere, sempre più ricchezza. Tale posizione, riscontrabile negli uomini in carriera (tra i quali le cervicalgie sono quasi una malattia professionale) o nella fisiognomica delle modelle (collo lungo e affusolato, da cigno), è l’emblema della insoddisfazione, del carrierismo, della scalata sociale.

Questa immagine del sé rimbalza da innumerevoli specchi in modo sinergico, e finisce con il rinforzarsi come un sassolino che precipita da un burrone e, arrivato a valle, è diventato un masso.

E’ molto difficile rinunciare all’immagine gratificante che ti viene rimandata dallo specchio!

Ed è sicuramente più facile vivere con questa immagine che non avere il coraggio di attraversare con il cuore aperto la confusione, la delusione, il vuoto, la capacità di attendere, il rischio del fallimento e l’esperienza della frustrazione, prima di giungere alla verità di chi si è e cosa si vuole davvero.

Eppure questa idea dell’io, orientato verso il possesso e non verso l’essere, come già messo in luce da molti autori, costituisce il grande inganno su cui si fonda la percezione collettiva: l’io nevrotico viene scambiato per l’io sano.

L’io sano risiede nel torace.

Ritorniamo dunque all’idea che l’Io non sia una entità astratta, ma che vi sia un ancoraggio corporeo alle sue istanze. Tale ancoraggio, secondo la Teoria dei 7 livelli di Reich, è rappresentato dal torace.

Perché il torace? Perchè nel torace risiede il centro cardiaco e polmonare. Come dice F.Navarro “l’inizio della respirazione segna il primo momento di autonomia dell’organismo, poiché il rapporto respirazione-autonomia è il simbolo della nostra esistenza, fatta per essere in funzione di un divenire: esistere, essere, divenire (Somatopsicodinamica, Il Discobolo Edizioni, p.82).

L’esserci, avere una propria identità distinta e individuata, dunque, è legata ad un processo continuo, ad un lavoro con se stessi, non è qualcosa di dato una volta, ma è una crescita, appunto un divenire.

Questa idea di identità non è statica, ma è legata ad un processo dinamico (esistere, essere, divenire).

L’età adulta ha la potenzialità di produrre tali salti coscienziali, e la condizione della vecchiaia può esprimere al meglio l’acquisizione della libertà individuale. Perchè tanta più esperienza ho alle spalle, tanto più sarà forte e stabile la percezione di essere e la stabilità dell’io.

L’identità è frutto di un processo continuo, che si costituisce in in relazione all’evoluzione della coscienza. In particolare non può esserci uno sviluppo della coscienza senza una individuazione della persona. E come ci si individua?

C’è un solo modo: attraverso la separazione da condizionamenti familiari e archetipi ancestrali. Quindi attraverso la separazione dagli ideali dell’io.

Non a caso il lavoro corporeo propone un alleggerimento del peso che portiamo sulle spalle (i famosi doveri), per lasciar fluire dal torace il nostro respiro e, con esso, la capacità di sentire con il cuore.