26 Sep Che vuol dire”normalità”?

cos’è “normale”?

L’illusione della normalità e i suoi pericoli

L’idea di normalità è il più potente condizionamento su cui si fonda la percezione di salute (sono normale in quanto sano e sono sano in quanto normale, ovvero simile alla maggioranza degli altri),
In realtà l’idea di normalità a cui la società ci chiede di aderire può essere molto pericolosa.
Possiamo constatarne la potenza attraverso il fenomeno del bullismo nelle scuole. Com’è possibile che fin dalla più tenera età possa emergere questa idea di gregarismo unitamente ad un terrore così profondo della diversità?
E’ mia opinione che il ruolo dei genitori sia fondamentale, ma non esclusivo, e che i condizionamenti agiscano ad un livello di trasmissione molto profondo, come, appunto, elementi archetipici, diffusi attraverso impercettibili informazioni trasmesse da una miriade di immagini. Anche i genitori dei bulli ne sono vittime.
I genitori di ragazzi che praticano il bullismo nelle scuole, hanno la necessità di essere aiutati, se lo desiderano, a liberare in primis se stessi , da questa sorte di eredità arcaica impressa nella loro memoria.
Finchè non ci libereremo dal concetto di normalità, non ci libereremo dall’idea che un individuo sia accettabile in quanto omologato agli altri. E, dunque, non sarà possibile insegnare ai nostri figli il rispetto per la diversità.
Non è solo questione di educazione. Si tratta di entrare, in quanto esseri umani, in un processo di trasformazione/evoluzione specie-specifico, e, in quanto tale, in grado di cambiare le informazioni di sistema.
L’idea di individualità sana, in una società sana, dovrebbe essere basata unicamente su una informazione: essere Me. Mi sento, sono in contatto con me, sono nel mondo così come sono, e rispetto l’altro che non è me.
E, anche se mi sembra di non essere abbastanza in gamba, mi accetto. Come diceva Pasolini, accetto il mio “sacro poco”.
L’idea di normalità dovrebbe essere abolita.

Non siamo alberi, o gatti, o formiche, per quanto anche un albero, un gatto, e una formica siano creature singole, dotate di una storia. Noi, in più, abbiamo il fattore della coscienza e della conoscenza. Tale fattore umano comporta per noi una sorta di responsabilità verso la creazione: quella di una maggiore individuazione di noi stessi.
Il tema dell’Io, si lega strettamente al tema della individuazione Tanto più riesco ad individuarmi quanto meno sono normale, ovvero tanto meno risuono con la percezione collettiva della normalità.
Concludo dunque con un inno alla individualità? NIENTE AFFATTO, anzi, dico che un individuo è SEMPRE inserito in un sistema con cui interagisce e con cui, scambiando informazioni, cresce e si evolve. Credo però che l’idea di normalità vada sostituita dalla consapevolezza di una “coscienza collettiva”. Con l’esperienza, ci si rende conto di come il gruppo, sia esso familiare, sociale o, abbia una sua vita, delle proprie leggi, che influiscono su di noi e determinano i nostri comportamenti.

Anzi, su un piano evolutivo, quanto più l’individuo è individuato, cioè quanto più è in contatto con se stesso, tanto più emergerà la coscienza di essere parte di un insieme più vasto. Ovvero non schiavo di una normalità creata da paure sociali. Infatti è mia esperienza che le persone, nel corso di un lavoro di contatto profondo con se stesse, finiscono prima o poi con il sentire la forza che fluisce nel corpo come qualcosa che le avvicina ad un funzionamento vitale più grande, che le include.